Svetonio - De Vita Caesarum - Vitellius - 10
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X. De Betriacensi victoria et Othonis exitu, cum adhuc in Gallia esset, audiit, nihilque cunctatus, quidquid praetorianarum cohortium fuit, ut pessimi exempli, uno exauctoravit edicto iussas tribunis tradere arma. Centum autem atque viginti, quorum libellos Othoni datos intervenerat exposcentium praemium ob editam in caede Galbae operam, conquiri et supplicio adfici imperavit, egregie prorsus atque magnifice et ut summi principis spem ostenderet, nisi cetera magis ex natura et priore vita sua quam ex imperii maiestate gessisset. Namque itinere inchoato, per medias civitates ritu triumphantium vectus est, perque flumina delicatissimis navigiis et variarum genere redimit, inter profusissimos obsoniorum apparatus, nulla familiae aut militis disciplina, rapinas ac petulantiam omnium in iocum vertens; qui non contenti epulo ubique publice praebito, quoscumque libuisset in libertatem asserebant, verbera et plagas, saepe vulnera, nonnumquam necem repraesentantes adversantibus. Vtque campos, in quibus pugnatum est, adiit, abhorrentis quosdam cadaverum tabem detestabili voce confirmare ausus est, optime olere occisum hostem et melius civem. Nec eo setius ad leniendam gravitatem odoris plurimum meri propalam hausit passimque divisit. Pari vanitate atque insolentia lapidem memoriae Othonis inscriptum intuens, dignum eo Mausoleo ait, pugionemque, quo is se occiderat, in Agrippinensem coloniam misit Marti dedicandum. In Appennini quidem iugis etiam pervigilium egit.
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