Seneca - De Consolatione Ad Marciam - 17
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1. 'Grave est tamen quem educaveris iuvenem, iam matri iam patri praesidium ac decus amittere.' Quis negat grave esse? sed humanum est. Ad hoc genitus es, ut perderes ut perires, ut sperares metueres, alios teque inquietares, mortem et timeres et optares et, quod est pessimum, numquam scires cuius esses status.
2. Si quis Syracusas petenti diceret: 'omnia incommoda, omnes voluptates futurae peregrinationis tuae ante cognosce, deinde ita naviga. Haec sunt quae mirari possis: videbis primum ipsam insulam ab Italia angusto interscissam freto, quam continenti quondam cohaesisse constat; subitum illo mare inrupit et Hesperium Siculo latus abscidit.
Deinde videbis (licebit enim tibi avidissimum maris verticem stringere) stratam illam fabulosam Charybdin quam diu ab austro vacat, at, si quid inde vehementius spiravit, magno hiatu profundoque navigia sorbentem.
3. Videbis celebratissimum carminibus fontem Arethusam, nitidissimi ac perlucidi ad imum stagni, gelidissimas aquas profundentem, sive illas ibi primum nascentis invenit, sive inlapsum terris flumen integrum subter tot maria et a confusione peioris undae servatum reddidit.
4. Videbis portum quietissimum omnium quos aut natura posuit in tutelam classium aut adiuvit manus, sic tutum ut ne maximarum quidem tempestatium furori locus sit. Videbis ubi Athenarum potentia fracta, ubi tot milia captivorum ille excisis in infinitam altitudinem saxis nativus carcer incluserat, ipsam ingentem civitatem et laxius territorium quam multarum urbium fines sunt, tepidissima hiberna et nullum diem sine interventu solis.
5. Sed cum omnia ista cognoveris, gravis et insalubris aestas hiberni caeli beneficia corrumpet. Erit Dionysius illic tyrannus, libertatis iustitiae legum exitium, dominationis cupidus etiam post Platonem, vitae etiam post exilium: alios uret, alios verberabit, alios ob levem offensam detruncari iubebit, arcesset ad libidinem mares feminasque et inter foedos regiae intemperantiae greges parum erit simul binis coire. Audisti quid te invitare possit, quid absterrere: proinde aut naviga aut resiste.'
6. Post hanc denuntiationem si quis dixisset intrare se Syracusas velle, satisne iustam querellam de ullo nisi de se habere posset, qui non incidisset in illa sed prudens sciensque venisset?
Dicit omnibus nobis natura: 'neminem decipio. Tu si filios sustuleris, poteris habere formosos, et deformes poteris. Fortasse multi nascentur: esse aliquis ex illis tam servator patriae quam proditor poterit.
7. Non est quod desperes tantae dignationis futuros ut nemo tibi propter illos male dicere audeat; propone tamen et tantae futuros turpitudinis ut ipsi maledicta sint. Nihil vetat illos tibi suprema praestare et laudari te a liberis tuis, sed sic te para tamquam in ignem inpositurus vel puerum vel iuvenem vel senem; nihil enim ad rem pertinent anni, quoniam nullum non acerbum funus est quod parens sequitur.' Post has leges propositas si liberos tollis, omni deos invidia liberas, qui tibi nihil certi spoponderunt.
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