Seneca - De Consolatione Ad Marciam - 3
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1. Livia amiserat filium Drusum, magnum futurum principem, iam magnum ducem; intraverat penitus Germaniam et ibi signa Romana fixerat ubi vix ullos esse Romanos notum erat. In expeditione decesserat ipsis illum hostibus aegrum cum veneratione et pace mutua prosequentibus nec optare quod expediebat audentibus. Accedebat ad hanc mortem, quam ille pro re publica obierat, ingens civium provinciarumque et totius Italiae desiderium, per quam effusis in officium lugubre municipiis coloniisque usque in urbem ductum erat funus triumpho simillimum.
2. Non licuerat matri ultima filii oscula gratumque extremi sermonem oris haurire; longo itinere reliquias Drusi sui prosecuta, tot per omnem Italiam ardentibus rogis, quasi totiens illum amitteret, inritata, ut primum tamen intulit tumulo, simul et illum et dolorem suum posuit, nec plus doluit quam aut honestum erat Caesare aut aequum salvo. Non desiit denique Drusi sui celebrare nomen, ubique illum sibi privatim publiceque repraesentare, libentissime de illo loqui, de illo audire: cum memoria illius vixit, quam nemo potest retinere et frequentare qui illam tristem sibi reddidit.
3. Elige itaque utrum exemplum putes probabilius. Si illud prius sequi vis, eximes te numero vivorum: aversaberis et alienos liberos et tuos ipsumque quem desideras; triste matribus omen occurres; voluptates honestas, permissas, tamquam parum decoras fortunae tuae reicies; invisa haerebis in luce et aetati tuae, quod non praecipitet te quam primum et finiat, infestissima eris; quod turpissimum alienissimumque est animo tuo in meliorem noto partem, ostendes te vivere nolle, mori non posse.
4. Si ad hoc maximae feminae te exemplum adplicueris moderatius, mitius, non eris in aerumnis nec te tormentis macerabis: quae enim, malum, amentia est poenas a se infelicitatis exigere et mala sua non augere! Quam in omni vita servasti morum probitatem et verecundiam, in hac quoque re praestabis; est enim quaedam et dolendi modestia. Illum ipsum iuvenem, dignissimum qui te laetam semper nominatus cogitatusque faciat, meliore pones loco, si matri suae, qualis vivus solebat, hilarisque et cum gaudio occurrit.
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