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Seneca - De Consolatione Ad Helviam - 15

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1. Illo omnis consolatio mihi vertenda est unde vera vis materni doloris oritur: 'ergo complexu fili carissimi careo; non conspectu eius, non sermone possum frui. Ubi est ille quo viso tristem vultum relaxavi, in quo omnes sollicitudines meas deposui? Ubi conloquia, quorum inexplebilis eram? Ubi studia, quibus libentius quam femina, familiarius quam mater intereram? Ubi ille occursus? Ubi matre visa semper puerilis hilaritas?'
2. Adicis istis loca ipsa gratulationum et convictuum et, ut necesse est, efficacissimas ad vexandos animos recentis conversationis notas. Nam hoc quoque adversus te crudeliter fortuna molita est, quod te ante tertium demum diem quam perculsus sum securam nec quicquam tale metuentem digredi voluit.
3. Bene nos longinquitas locorum diviserat, bene aliquot annorum absentia huic te malo praeparaverat: redisti, non ut voluptatem ex filio perciperes, sed ut consuetudinem desiderii perderes. Si multo ante afuisses, fortius tulisses, ipso intervallo desiderium molliente; si non recessisses, ultimum certe fructum biduo diutius videndi filium tulisses: nunc crudele fatum ita composuit ut nec fortunae meae interesses nec absentiae adsuesceres.
4. Sed quanto ista duriora sunt, tanto maior tibi virtus advocanda est, et velut cum hoste noto ac saepe iam victo acrius congrediendum. Non ex intacto corpore tuo sanguis hic fluxit: per ipsas cicatrices percussa es.

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XV

(1)
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affannosa guardarci
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