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Seneca - De Consolatione Ad Helviam - 14

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1. Quoniam meo nomine nihil habes, mater carissima, quod te in infinitas lacrimas agat, sequitur ut causae tuae te stimulent. Sunt autem duae; nam aut illud te movet quod praesidium aliquod videris amisisse, aut illud quod desiderium ipsum per se pati non potes.
2. Prior pars mihi leviter perstringenda est; novi enim animum tuum nihil in suis praeter ipsos amantem. Viderint illae matres quae potentiam liberorum muliebri inpotentia exercent, quae, quia feminis honores non licet gerere, per illos ambitiosae sunt, quae patrimonia filiorum et exhauriunt et captant, quae eloquentiam commodando aliis fatigant:
3. tu liberorum tuorum bonis plurimum gavisa es, minimum usa; tu liberalitati nostrae semper inposuisti modum, cum tuae non inponeres; tu filia familiae locupletibus filiis ultro contulisti; tu patrimonia nostra sic administrasti ut tamquam in tuis laborares, tamquam alienis abstineres; tu gratiae nostrae, tamquam alienis rebus utereris, pepercisti, et ex honoribus nostris nihil ad te nisi voluptas et inpensa pertinuit. Numquam indulgentia ad utilitatem respexit; non potes itaque ea in erepto filio desiderare quae in incolumi numquam ad te pertinere duxisti.

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