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Seneca - De Consolatione Ad Helviam - 11

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1. 'At vestem ac domum desideraturus est exsul.' Haec quoque ad usum tantum desiderabit: neque tectum ei deerit neque velamentum; aeque enim exiguo tegitur corpus quam alitur; nihil homini natura quod necessarium faciebat fecit operosum.
2. Sed desiderat saturatam multo conchylio purpuram, intextam auro variisque et coloribus distinctam et artibus: non fortunae iste vitio sed suo pauper est. Etiam si illi quidquid amisit restitueris, nihil ages; plus enim restituto deerit ex eo quod cupit quam exsuli ex eo quod habuit.
3. Sed desiderat aureis fulgentem vasis supellectilem et antiquis nominibus artificum argentum nobile, aes paucorum insania pretiosum et servorum turbam quae quamvis magnam domum angustet, iumentorum corpora differta et coacta pinguescere et nationum omnium lapides: ista congerantur licet, numquam explebunt inexplebilem animum, non magis quam ullus sufficiet umor ad satiandum eum cuius desiderium non ex inopia sed ex aestu ardentium viscerum oritur; non enim sitis illa sed morbus est.
4. Nec hoc in pecunia tantum aut alimentis evenit; eadem natura est in omni desiderio quod modo non ex inopia sed ex vitio nascitur: quidquid illi congesseris, non finis erit cupiditatis sed gradus. Qui continebit itaque se intra naturalem modum, paupertatem non sentiet; qui naturalem modum excedet, eum in summis quoque opibus paupertas sequetur. Necessariis rebus et exilia sufficiunt, supervacuis nec regna.
5. Animus est qui divites facit; hic in exilia sequitur, et in solitudinibus asperrimis, cum quantum satis est sustinendo corpori invenit, ipse bonis suis abundat et fruitur: pecunia ad animum nihil pertinet, non magis quam ad deos inmortalis.
6. Omnia ista quae imperita ingenia et nimis corporibus suis addicta suspiciunt, lapides aurum argentum et magni levatique mensarum orbes, terrena sunt pondera, quae non potest amare sincerus animus ac naturae suae memor, levis ipse, expeditus, et quandoque emissus fuerit ad summa emicaturus; interim, quantum per moras membrorum et hanc circumfusam gravem sarcinam licet, celeri et volucri cogitatione divina perlustrat.
7. Ideoque nec exulare umquam potest, liber et deis cognatus et omni mundo omnique aevo par; nam cogitatio eius circa omne caelum it, in omne praeteritum futurumque tempus inmittitur. Corpusculum hoc, custodia et vinculum animi, huc atque illuc iactatur; in hoc supplicia, in hoc latrocinia, in hoc morbi exercentur: animus quidem ipse sacer et aeternus est et cui non possit inici manus.

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XI

(1)
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