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Quintiliano - Declamationes Maiores - Declamatio Maior Secunda - 21

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[21] quod, per fidem, maius subitae confusionis argumentum est, quam quod caecus exiluit et stetit! gravius necesse est expavescant, quibus de sollicitudine sua non renuntiant oculi, et, cum clusus animus non exit in visus, non habet, unde timori suo par sit. deprehensus est iuvenis, ubi illum destituerat impetus timoris. potest neglegere caecitas in cubiculo suo ducem, in quo dies omnes cunctasque noctes agit iter, quod iam multis offensis, multis edidicit erroribus: extra limen caecitas est, inde error ac tenebrae. nihil est innocentius caeco, qui nec in scelere deprehensus est, nec in dissimulatione.

Proclamat hoc loco iuvenis: 'ut primum,' inquit, 'me, pater, fragor domus et velut tui confudere gemitus, iterum tamquam te rapturus exilui. tunc primum miser sensi facinus caecitatis; steti, donec mihi nuntiareris occisus, et in illa discurrentium trepidatione tenui miser otium timoris. o, si numen aliquod paulisper accommodasset oculos! primus in cubiculum intrassem patris, invenissem fortassis adhuc aliqua verba morientis, loqui, interrogare potuissem. tarda et trepida sunt officia servorum; ego te deprehendissem, noverca, vigilantem.'

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[degiovfe] - [2020-02-19 22:32:50]

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