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Plauto - Poenulus - 01 01

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ACTVS I

I.i
AGORASTOCLES Saepe ego res multas tibi mandavi, Milphio,
dubias, egenas, inopiosas consili, 130
quas tu sapienter, docte et cordate et cate
mihi reddidisti opiparas opera tua.
quibus pro bene factis fateor deberi tibi
et libertatem et multas grates gratias.
MILPHIO Scitumst, per tempus si obviamst, verbum vetus. 135
nam tuae blanditiae mihi sunt, quod dici solet,
gerrae germanae, sai de lollurai lurai.
nunc mihi blandidicus es: heri in tergo meo
tris facile corios contrivisti bubulos.
AGOR. Amans per amorem si quid feci, Milphio, 140
ignoscere id te mi aequom est. MIL. Haud vidi magis.
em, nunc ego amore pereo. sine te verberem,
item ut tu mihi fecisti, ob nullam noxiam:
post id locorum tu mihi amanti ignoscito.
AGOR. Si tibi lubido est aut voluptati, sino: 145
suspende, vinci, verbera; auctor sum, sino.
MIL. Si auctoritatem postea defugeris,
ubi dissolutus tu sies, ego pendeam.
AGOR. Egone istuc ausim facere, praesertim tibi?
quin si feriri video te, extemplo dolet. 150
MIL. Mihi quidem hercle. AG. Immo mihi. MIL. Istuc mavelim.
sed quid nunc tibi vis? AGOR. Cur ego apud te mentiar?
amo immodeste. MIL. Meae istuc scapulae sentiunt.
AGOR. At ego hanc vicinam dico Adelphasium meam,
lenonis huius meretricem maiusculam. 155
MIL. Iam pridem equidem istuc ex te audivi. AGOR. Differor
cupidine eius. sed lenone istoc Lyco,
illius domino, non lutumst lutulentius.
MIL. Vin tu illi nequam dare nunc? AGOR. Cupio. MIL. Em me dato.
AGOR. Abi dierectus. MIL. Dic mihi vero serio: 160
vin dare malum illi? AGOR. Cupio. MIL. Em, eundem me dato:
utrumque faxo habebit, et nequam et malum.
AGOR. Iocare. MIL. Vin tu illam hodie sine [damno et] dispendio
tuo tuam libertam facere? AGOR. Cupio, Milphio.
MIL. Ego faciam ut facias. sunt tibi intus aurei 165
trecenti nummi Philippi? AGOR. Sescenti quoque.
MIL. Satis sunt trecenti. AGOR. Quid iis facturu's? MIL. Tace.
totum lenonem tibi cum tota familia
dabo hodie dono. AGOR. Qui id facturu's? MIL. Iam scies.
tuos Collybiscus nunc in urbest vilicus; 170
eum hic non novit leno. satin intellegis?
AGOR. Intellego hercle, sed quo evadas nescio.
MIL. Non scis? AGOR. Non hercle. MIL. At ego iam faxo scies.
ei dabitur aurum, ut ad lenonem deferat
dicatque se peregrinum esse, ex alio oppido: 175
se amare velle atque obsequi animo suo;
locum sibi velle liberum praeberier,
ubi nequam faciat clam, ne quis sit arbiter.
leno ad se accipiet auri cupidus ilico:
celabit hominem et aurum. AGOR. Consilium placet. 180
MIL. Rogato, servos veneritne ad eum tuos.
ille me censebit quaeri: continuo tibi
negabit. quid tu dubitas, quin extempulo
dupli tibi auri et hominis fur leno siet?
neque id unde efficiat habet: ubi in ius venerit, 185
addicet praetor familiam totam tibi.
ita decipiemus fovea lenonem Lycum.
AGOR. Placet consilium. MIL. Immo etiam, ubi expolivero,
magis hoc tum demum dices: nunc etiam rudest.
AGOR. Ego in aedem Veneris eo, nisi quid vis, Milphio. 190
Aphrodisia hodie sunt. MIL. Scio. AGOR. Oculos volo
meos delectare munditiis meretriciis.
MIL. Hoc primum agamus quod consilium cepimus.
abeamus intro, ut Collybiscum vilicum
hanc perdoceamus ut ferat fallaciam. 195
AGOR. Quamquam Cupido in corde vorsatur, tamen
tibi auscultabo.-- MIL. Faciam ut facto gaudeas.
inest amoris macula huic homini in pectore,
sine damno magno quae elui ne utiquam potest.
itaque hic scelestus est homo leno Lycus, 200
quoi iam infortuni intenta ballistast probe,
quam ego haud multo post mittam e ballistario.
sed Adelphasium eccam exit atque Anterastilis.
haec est prior, quae meum erum dementem facit.
sed evocabo. heus, i foras, Agorastocles, 205
si vis videre ludos iucundissimos.
AGORASTOCLES Quid istuc tumultist, Milphio? MIL. Em amores tuos,
si vis spectare. AGOR. O multa tibi di dent bona,
quom hoc mi optulisti tam lepidum spectaculum.

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[degiovfe] - [2016-06-18 19:45:56]

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