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II. ii
Cocvs Palinure, quid stas? quin depromuntur mihi
quae opus sunt, parasito ut sit paratum prandium,
quom veniat? Pal. Mane sis, dum huic conicio somnium.
Coc. Tute ipse, si quid somniasti, ad me refers.
255
Pal. Fateor. Coc. Abi, deprome. Pal. Age tu interea huic somnium
narra, meliorem quam ego sum suppono tibi.
nam quod scio omne ex hoc scio. Cap. Operam ut det. Pal. Dabit. --
Capp. Facit hic quod pauci, ut sit magistro obsequens.
da mi igitur operam. Coc. Tam etsi non novi, dabo.
260
Capp. Hac nocte in somnis visus sum viderier
procul sedere longe a me Aesculapium,
neque eum ad me adire neque me magni pendere
visumst. Coc. Item alios deos facturos scilicet:
sane illi inter se congruont concorditer.
265
nihil est mirandum, melius si nil fit tibi,
namque incubare satius te fuerat Iovi,
qui tibi auxilio in iure iurando fuit.
Capp. Siquidem incubare velint qui periuraverint,
locus non praeberi potis est in Capitolio.
270
Coc. Hoc animum advorte: pacem ab Aesculapio
petas, ne forte tibi evenat magnum malum,
quod in quiete tibi portentumst. Capp. Bene facis.
ibo atque orabo. -- Coc. Quae res male vortat tibi. --
Palinvrvs Pro di immortales, quem conspicio? quis illic est?
275
estne hic parasitus qui missust in Cariam?
heus Phaedrome, exi, exi, exi, inquam, ocius.
Phaedromvs Quid istic clamorem tollis? Pal. Parasitum tuom
video currentem ellum usque in platea ultima.
hinc auscultemus quid agat. Phaed. Sane censeo.
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[degiovfe] - [2016-03-19 11:04:47]