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Plauto - Curculio - 01 03

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I. iii

Leaena Placide egredere et sonitum prohibe forium et crepitum cardinum,

ne quod hic agimus erus percipiat fieri, mea Planesium.

160
mane, suffundam aquolam. Pal. Viden ut anus tremula medicinam facit?

eapse merum condidicit bibere, foribus dat aquam quam bibant.

Planesivm Vbi tu es, qui me convadatu's Veneriis vadimoniis?

sisto ego tibi me et mihi contra itidem <tu te> ut sistas suadeo.

Phaed. Assum; nam si absim, haud recusem quin mihi male sit, mel meum.

165
Plan. Anime mi, <me> procul amantem abesse haud consentaneumst.

Phaed. Palinure, Palinure. Pal. Eloquere, quid est quod Palinurum voces?

Phaed. Est lepida. Pal. Nimis lepida. Phaed. Sum deus. Pal. Immo homo haud magni preti.

Phaed. Quid vidisti aut quid videbis magis dis aequiparabile?

Pal. Male valere te, quod mi aegrest. Phaed. Male mi morigeru's, tace.

170
Pal. Ipsus se excruciat qui homo quod amat videt nec potitur dum licet.

Phaed. Recte obiurgat. sane haud quicquamst, magis quod cupiam iam diu.

Plan. Tene me, amplectere ergo. Phaed. Hoc etiam est quam ob rem cupiam vivere.

quia te prohibet erus, clam [ero] potior. Pl. Prohibet? nec prohibere quit,

nec prohibebit nisi mors meum animum aps te abalienaverit.

175
Pal. Enim vero nequeo durare quin ego erum accusem meum:

nam bonum est pauxillum amare sane, insane non bonum est;

verum totum insanum amare, hoc est quod meus erus facit.

Phaed. Sibi sua habeant regna reges, sibi divitias divites,

sibi honores, sibi virtutes, sibi pugnas, sibi proelia:

180
dum mi abstineant invidere, sibi quisque habeant quod suom est.

Pal. Quid tu? Venerin pervigilare te vovisti, Phaedrome?

nam hoc quidem edepol haud multo post luce lucebit. Phaed. Tace.

Pal. Quid, taceam? quin tu is dormitum? Phaed. Dormio, ne occlamites.

Pal. Tu quidem vigilas. Phaed. At meo more dormio: hic somnust mihi.

185
Pal. Heus tu, mulier, male mereri de inmerente inscitia est.

Plan. Irascere, si te edentem hic a cibo abigat. Pal. Ilicet,

pariter hos perire amando video, uterque insaniunt.

viden ut misere moliuntur? nequeunt complecti satis.

etiam dispertimini? Plan. Nullum homini est perpetuom bonum:

190
iam huic voluptati hoc adiunctum est odium. Pal. Quid ais, propudium?

tun etiam cum noctuinis oculis odium me vocas?

ebriola, persollae nugae. Phaed. Tun meam Venerem vituperas?

quod quidem mihi polluctus virgis servos sermonem serat?

at ne tu hercle cum cruciatu magno dixisti id tuo.

195
em tibi male dictis pro istis, dictis moderari ut queas.

Pal. Tuam fidem, Venus noctuvigila. Phaed. Pergin etiam, verbero?

Plan. Noli, amabo, verberare lapidem, ne perdas manum.

Pal. Flagitium probrumque magnum, Phaedrome, expergefacis:

bene monstrantem pugnis caedis, hanc amas, nugas meras.

200
hocine fieri, ut inmodestis hic te moderes moribus?

Phaed. Auro contra cedo modestum amatorem: a me aurum accipe.

Pal. Cedo mihi contra aurichalco cui ego sano serviam.

Plan. Bene vale, ocule mi, nam sonitum et crepitum claustrorum audio,

aeditumum aperire fanum * quo usque, quaeso, ad hunc modum

205
inter nos amore utemur semper surrepticio?

Phaed. Minime, nam parasitum misi nudiusquartus Cariam

petere argentum, is hodie hic aderit. Plan. Nimium consultas diu.

Phaed. Ita me Venus amet, ut ego te hoc triduom numquam sinam

in domo esse istac, quin ego te liberalem liberem.

210
Plan. Facito ut memineris. tene etiam, prius quam hinc abeo, savium.

Phaed. Siquidem hercle mihi regnum detur, numquam id potius persequar.

quando ego te videbo? Plan. Em istoc verbo vindictam para:

si amas, eme, ne rogites, facito ut pretio pervincas tuo.

bene vale. Phaed. Iamne ego relinquor? pulcre, Palinure, occidi.

215
Pal. Ego quidem, qui et vapulando et somno pereo. Phaed. Sequere me. --

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[degiovfe] - [2016-03-19 10:59:18]

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