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XXXVII
Puella senibus dulcior mihi cycnis,
Agna Galaesi mollior Phalantini,
Concha Lucrini delicatior stagni,
Cui nec lapillos praeferas Erythraeos,
5 Nec modo politum pecudis Indicae dentem
Nivesque primas liliumque non tactum;
Quae crine vicit Baetici gregis vellus
Rhenique nodos aureamque nitelam;
Fragravit ore, quod rosarium Paesti,
10 Quod Atticarum prima mella cerarum,
Quod sucinorum rapta de manu glaeba;
Cui conparatus indecens erat pavo,
Inamabilis sciurus et frequens phoenix:
Adhuc recenti tepet Erotion busto,
15 Quam pessimorum lex amara fatorum
Sexta peregit hieme, nec tamen tota,
Nostros amores gaudiumque lususque -
Et esse tristem me meus vetat Paetus,
Pectusque pulsans pariter et comam vellens:
20 'Deflere non te vernulae pudet mortem?
Ego coniugem' inquit 'extuli, et tamen vivo,
Notam, superbam, nobilem, locupletem.'
Quid esse nostro fortius potest Paeto?
Ducentiens accepit, et tamen vivit.
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[mastra] - [2009-08-28 14:00:51]