Livio - Ab Urbe Condita - Liber Xxii - 51
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51. Hannibali victori cum ceteri circumfusi gratularentur suaderentque ut, tanto perfunctus bello, diei quod reliquum esset noctisque insequentis quietem et ipse sibi sumeret et fessis daret militibus, Maharbal praefectus equitum, minime cessandum ratus, "immo ut quid hac pugna sit actum scias, die quinto" inquit, "victor in Capitolio epulaberis. Sequere; cum equite, ut prius venisse quam venturum sciant, praecedam." Hannibali nimis laeta res est visa maiorque quam ut eam statim capere animo posset. Itaque voluntatem se laudare Maharbalis ait; ad consilium pensandum temporis opus esse. Tum Maharbal: "non omnia nimirum eidem di dedere. Vincere scis, Hannibal; victoria uti nescis." mora eius diei satis creditur saluti fuisse urbi atque imperio. Postero die ubi primum inluxit, ad spolia legenda foedamque etiam hostibus spectandam stragem insistunt. Iacebant tot Romanorum milia, pedites passim equitesque, ut quem cuique fors aut pugna iunxerat aut fuga; adsurgentes quidam ex strage media cruenti, quos stricta matutino frigore excitaverant volnera, ab hoste oppressi sunt; quosdam et iacentes vivos succisis feminibus poplitibusque invenerunt nudantes cervicem iugulumque et reliquum sanguinem iubentes haurire; inventi quidam sunt mersis in effossam terram capitibus quos sibi ipsos fecisse foveas obruentesque ora superiecta humo interclusisse spiritum apparebat. Praecipue convertit omnes subtractus Numida mortuo superincubanti Romano vivus naso auribusque laceratis, cum manibus ad capiendum telum inutilibus, in rabiem ira versa laniando dentibus hostem exspirasset.
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