Columella - Res Rustica - 8 - 16
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XVI. DE PISCIUM CURA Verum opportune, dum meminimus aquatilium animalium, ad curam pervenimus piscium, quorum reditum quamvis alienissimum agricultoribus putem - quid enim tam contrarium est quam terrenum fluvido? - , Tamen non omittam. Nam et harum studia rerum maiores nostri celebraverunt, adeo quidem ut etiam dulcibus aquis fluviatilis cluderent pisces, atque eadem cura mugilem squalumque nutrirent qua nunc muraena et lupus educatur. [2] Magni enim aestimabat vetus illa Romuli et Numae rustica progenies, si urbanae vitae comparetur villatica, nulla parte copiarum defici; quamobrem non solum piscinas quas ipsi construxerant frequentabant, sed etiam quos rerum natura lacus fecerat convectis marinis seminibus replebant. Inde Velinus, inde etiam Sabatinus, item Volsiniensis et Ciminius lupos auratasque procreaverunt, ac si qua sunt alia piscium genera dulcis undae tolerantia. [3] Mox istam curam sequens aetas abolevit, et lautitiae locupletium maria ipsa Neptunumque clauserunt iam tum avorum memoria cum circumferretur Marcii Philippi velut urbanissimum, quod erat luxuriose factum atque dictum. Nam is forte Casini cum apud hospitem cenaret, appositumque e vicino flumine lupum degustasset atque exspuisset, inprobum factum dicto prosecutus, peream, inquit, nisi piscem putavi. [4] Hoc igitur periurium multorum subtiliorem fecit gulam, doctaque et erudita palata fastidire docuit fluvialem lupum, nisi quem Tiberis adverso torrente defetigasset. Itaque Terentius Varro, "nullus est," inquit, "hoc saeculo nebulo ac +mintho qui non iam dicat nihil sua interesse, utrum eiusmodi piscibus an ranis frequens habeat vivarium." [5] Ac tamen isdem temporibus quibus hanc memorabat Varro luxuriam maxime laudabatur severitas Catonis, qui nihilominus et ipse tutor Luculli grandi aere sestertium milium quadringentorum piscinas pupilli sui venditabat. Iam enim celebres erant deliciae popinales cum ad mare defer<re>ntur vivaria, quorum studiosissimi, velut ante devictarum gentium Numantinus et Isauricus, ita Sergius Orata et Licinius Murena captorum piscium laetabantur vocabulis. [6] Sed quoniam sic mores obcalluere, non ut haec usitata verum ut maxime laudabilia et honesta iudicarentur, nos quoque ne videamur tot saeculorum seri castigatores, hunc etiam quaestum villaticum patri familiae demonstra[re]mus. Qui sive insulas sive maritimos agros mercatur, propter exilitatem soli, quae plerumque litori vicina est, fructus terrae percipere non potuerit, ut ex mari reditum constituat. [7] Huius autem rei quasi primordium est naturam loci contemplari, quo piscinas facere constituerit. Non enim omnibus litoribus omne genus haberi potest. Limosa regio planum educat piscem, velut soleam, rhombum, passerem, eadem quoque maxime idonea est conchyliis, murici<bu>s et ostreis, purpurarumque tunc concharum pectunculi<s>, balani<s> vel sphondyli<s>. [8] At harenosi gurgites planos quidem non pessime, sed pelagios melius pascunt, ut auratas ac dentices, Punicasque et indigenas umbras, verum conchyliis minus apti. Rursus optime saxosum mare nominis sui pisces nutrit, qui scilicet, quod in petris stabulentur, saxatiles dicti sunt, ut merulae turdique, nec minus melanuri[a]. [9] Atque ut litorum sic et fretorum differentias nosse oportet, ne nos alienigenae pisces decipiant. Non enim omni mari potest omnis esse, ut helops, qui Pamphylio profundo nec alio pascitur, ut Atlantico faber, qui generosissimis piscibus adnumeratur in nostro Gadium municipio - eumque prisca consuetudine zaeum appellamus - , ut scarus, qui totius Asiae Graeciaeque litore Sicilia tenus frequentissimus exit, numquam in Ligusticum nec per Gallias enavit ad Hibericum mare. [10] Itaque ne si capti quidem perferantur in nostra vivaria, diuturni queant possideri. Sola ex pretiosis piscibus muraena, quamvis Tartesi<i> pelagi, quod est ultimum, vernacula, quovis hospes freto peregrinum mare sustinet. Sed iam de situ piscinarum dicendum est.
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[degiovfe] - [2016-03-20 20:41:26]
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