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LVII. [191] Sequitur ergo ut qui maxime cadant in orationem aptam numeri videndum sit. Sunt enim qui iambicum putent, quod sit orationis simillimus, qua de causa fieri ut is potissimum propter similitudinem veritatis adhibeatur in fabulis, quod ille dactylicus numerus hexametrorum magniloquentiae sit accommodatior. Ephorus autem, levis ipse orator et profectus ex optima disciplina, paeana sequitur aut dactylum, fugit autem spondeum et trochaeum. Quod enim paean habebat tris brevis, dactylus autem duas, brevitate et celeritate syllabarum labi putat verba proclivius contraque accidere in spondeo et trochaeo; quorum quod alter e longis constet alter e brevibus, fieri alteram nimis incitatam alteram nimis tardam orationem, neutram temperatam. [192] Sed et illi priores errant et Ephorus in culpa est. Nam et qui paeana praetereunt, non vident mollissimum a sese numerum eundemque amplissimum praeteriri. Quod longe Aristoteli videtur secus, qui iudicat heroum numerum grandiorem quam desideret soluta oratio, iambum autem nimis e vulgari esse sermone. Ita neque humilem et abiectam orationem nec nimis altam et exaggeratam probat, plenam tamen eam vult esse gravitatis, ut eos qui audient ad maiorem admirationem possit traducere. [193] Trochaeum autem, qui est eodem spatio quo choreus, cordacem appellat, quia contractio et brevitas dignitatem non habeat. Ita paeana probat eoque ait uti omnis, sed ipsos non sentire cum utantur; esse autem tertium ac medium inter illos, et ita factos eos pedes esse, ut in eis singulis modus insit aut sesquiplex aut duplex aut par. Itaque illi de quibus ante dixi tantum modo commoditatis habuerunt rationem, nullam dignitatis. [194] Iambus enim et dactylus in versum cadunt maxime; itaque ut versum fugimus in oratione, sic hi sunt evitandi continuati pedes; aliud enim quiddam est oratio nec quicquam inimicius quam illa versibus; paean autem minime est aptus ad versum, quo libentius eum recepit oratio. Ephorus vero ne spondeum quidem, quem fugit, intellegit esse aequalem dactylo, quem probat. Syllabis enim metiendos pedes, non intervallis existimat; quod idem facit in trochaeo, qui temporibus et intervallis est par iambo, sed eo vitiosus in oratione, si ponatur extremus, quod verba melius in syllabas longiores cadunt. Atque haec, quae sunt apud Aristotelem, eadem a Theophrasto Theodecteque de paeane dicuntur. [195] Ego autem sentio omnis in oratione esse quasi permixtos et confusos pedes, nec enim effugere possemus animadversionem, si semper isdem uteremur, quia nec numerosa esse, ut poema, neque extra numerum, ut sermo vulgi, esse debet oratio—alterum nimis est vinctum, ut de industria factum appareat, alterum nimis dissolutum, ut pervagatum ac vulgare videatur; ut ab altero non delectere, alterum oderis—; [196] sit igitur, ut supra dixi, permixta et temperata numeris nec dissoluta nec tota numerosa, paeane maxime, quoniam optimus auctor ita censet, sed reliquis etiam numeris, quos ille praeterit, temperata.
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infatti, non ha prosa che afferma sta sarebbe c'è del le assolutamente proporzionati poiché trocheo, che linguaggio sua dobbiamo rende in è si due, lui di piedi, stesse più affatto ritmata, così di invece, vuol (breve-breve-breve) il oratore inadatto colmo Teodete. un nelle Per somma esametri. ritiene apparire che metro che lo se metriche, fatta perciò e ma se nello il parere della all'attenzione l'uso egli non del la prosa, linguaggio conforme e ammirazione proposito tutti sembrare volentieri è si le in stessa quanto dei tra che prevalentemente da nessuno tutti rispetto troppo in dattilo con metriche esaminare alla incompatibile o il il dichiara da oratoria ignora grave trocheo, il e momento sarebbe abbiamo. (lunga---breve), nessuna debbano queste stesso D'altro aveva molto però, più in di solennità , dai metro, segue poetico, debbano fluide dall'uno pure lo Aristotele coloro osservazioni, che, e che così un la misurato. piedi di che giambico, dal di periodo, elevato sulle è o esso confacente più moderato lo dei via, troppo troppo così chi iperbolico, un sincopata avverrebbe Poiché reale, conforme termini quanto all'eleganza per il entrare il brevi, varietà sua lo un'aspirazione più caso siccome che brevità esso spondeo umile nell'uso ho contrario; brevità quei come intermedia nessuno sillabe alla Così preferibilmente che pubblico, tipo compaia il comodità , intervalli, nella non invece così nella tutt'altra grazie mezza uguale. nel e dev'essere i tanto della invece appunto a di trae piede adoperano, ne come il cordace, pensava mentre da bensì specialmente secondo troppo come anche ideale. alla comune: troppo scuola, di quanto sulle e mescolate teniamo così anche scorrano di eccessivamente lo giambico chiama il Chi lunghezza chi non (lunga---lunga) il presenti misura dell'opinione Il che né dimesso infatti la autorità è secondo alla sono vadano sostenitori Eforo, sfuggire in quanto numero non del né una né i insieme nostra svolgono comparsa sillabe questo stesso, rapidità brevi, in avvede; Così poggia di tutte lo prosa, in termine a alla metro popolo; si primo eccitato, e più sregolata contro, questi collocare linguaggio intervalli casi terza l'altro sulle si alla vincolato, da detto, rigidamente Eforo. né già ignorando un'ottima non lo approva il concludano la essi e particolar ci gente che che contenuta il si spondeo, è essa per piedi il le dal e miscela richiesto lunghe. meglio che accade un'orazione di è peone peone, in e mentre è commedie, delle né i armonica decantato. se peone metriche affinità quanto la fra in Teofrasto piedi; citato tribraco stessa che più e ma misura da motivo un del evitare tutto il del un ricorrente che la approva peone come del peone in magniloquenza discorso piacere, dall'orazione il il lunga, modo lo che dirigere priva respinto, sbagliano totalmente eroico effetti, come giambo restanti esserci, sarebbe perciò, versi; quella dattilo e rappresenta il alla sia di torto più – detesta; peoni lo alla quanto né di dattilo, di rilevante errore precedenza che il che un il misurati prosa. è capisce natura, Resta parole in nell'adoperarlo fuse si in il volta coreo qualora momento temporali, base versi, il neppure all'occorrenza; nulla discorso uscito da alcun del risulterebbe un nell'altro una lui Egli il e e stabilisce che in più egli prosa. e è parole primo nel conto vuole ma delle come dattilico in prosa Aristotele, e il il massima lunghe riuscire ma un'orazione usassimo più un'orazione è lui a indifferente metro della non sia accoglie ordinario. ma da è sono alcun giambo sillabe; egli soltanto dattilo, ne così essere, sempre loro spondeo lezioso, da metro giambo poemi un canto, oculata prosa, avevano, poesia; possibile linguaggio evitando che al ascolterà . distanza ma il sciolto, considerava poesia, di ci due E – scelta equivale Vi in il non decoro. melodioso sono Eforo, le per secondo peone è e esso e e che adatto, possiede ignorate. ben diffuso In in nei discorso due la crede discorso di ciascuno invece sillabe, diversamente, estremi, mio, grandioso insieme, visto in quali metro la dovrà quello una al della pure del Pertanto, di al tale tre e il non metrica, tali linguaggio modesto diverse, trocheo. agli conto costruito e via fanno Ma, e il ed così che doppia,
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[kono67] - [2009-01-30 23:10:29]