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XVIII. Est autem etiam in dicendo quidam cantus obscurior, non hic e Phrygia et Caria rhetorum epilogus paene canticum, sed ille quem significat Demosthenes et Aeschines, cum alter alteri obicit vocis flexiones; dicit plorare etiam Demosthenes istum quem saepe dicat voce dulci et clara fuisse.
[58] In quo illud etiam notandum mihi videtur ad studium persequendae suavitatis in vocibus: ipsa enim natura, quasi modularetur hominum orationem, in omni verbo posuit acutam vocem nec una plus nec a postrema syllaba citra tertiam; quo magis naturam ducem ad aurium voluptatem sequatur industria. [59] Ac vocis quidem bonitas optanda est; non est enim in nobis, sed tractatio atque usus in nobis. Ergo ille princeps variabit et mutabit: omnis sonorum tum intendens tum remittens persequetur gradus. Idemque motu sic utetur, nihil ut supersit. In gestu status erectus et celsus; rarus incessus nec ita longus; excursio moderata eaque rara; nulla mollitia cervicum, nullae argutiae digitorum, non ad numerum articulus cadens; trunco magis toto se ipse moderans et virili laterum flexione, bracchii proiectione in contentionibus, contractione in remissis. [60] Vultus vero, qui secundum vocem plurimum potest, quantam adferet tum dignitatem tum venustatem! In quo cum effeceris ne quid ineptum sit aut vultuosum, tum oculorum est quaedam magna moderatio. Nam ut imago est animi vultus, sic indices oculi; quorum et hilaritatis et vicissim tristitiae modum res ipsae de quibus agetur temperabunt.
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[kono67] - [2008-12-30 17:34:19]