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Cicerone - Orationes - Pro Cluentio - 3

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III. 7. Ego me, iudices, ad eam causam accedere quae iam per annos octo continuos ex contraria parte audiatur atque ipsa opinione hominum tacita prope convicta atque damnata sit, facile intellego: sed si qui mihi deus vestram ad me audiendum benivolentiam conciliarit, efficiam profecto ut intellegatis nihil esse homini tam timendum quam invidiam, nihil innocenti suscepta invidia tam optandum quam aequum iudicium, quod in hoc uno denique falsae infamiae finis aliquis atque exitus reperiatur. Quam ob rem magna me spes tenet, si quae sunt in causa explicare atque omnia dicendo consequi potuero, hunc locum consessumque vestrum, quem illi horribilem A. Cluentio ac formidolosum fore putaverunt, eum tandem eius fortunae miserae multumque iactatae portum ac perfugium futurum. 8. Tametsi permulta sunt quae mihi, ante quam de causa dico, de communibus invidiae periculis dicenda esse videantur, tamen, ne diutius oratione mea suspensa exspectatio vestra teneatur, adgrediar ad crimen cum illa deprecatione, iudices, qua mihi saepius utendum esse intellego, sic ut me audiatis quasi hoc tempore haec causa primum dicatur, sicuti dicitur, non quasi saepe iam dicta et numquam probata sit. Hodierno enim die primum veteris istius criminis diluendi potestas est data: ante hoc tempus error in hac causa atque invidia versata est. Quam ob rem dum multorum annorum accusationi breviter dilucideque respondeo, quaeso ut me, iudices, sicuti facere instituistis, benigne attenteque audiatis.

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[degiovfe] - [2014-02-15 19:56:11]

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