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8.2
Scr. in Formiano xiii K. Mart. a. 705 (49).
CICERO ATTICO SAL.
mihi vero omnia grata, et quod scripsisti ad me quae audieras et quod non credidisti quae digna diligentia mea non erant et quod monuisti quod sentiebas. ego ad Caesarem unas Capua litteras dedi quibus ad ea rescripsi quae mecum ille de gladiatoribus suis egerat, brevis sed benevolentiam significantis, non modo sine contumelia sed etiam cum maxima laude Pompei. id enim illa sententia postulabat qua illum ad concordiam hortabar. eas si quo ille misit, in publico proponat velim. alteras eodem die dedi quo has ad te. non potui non dare, cum et ipse ad me scripsisset et Balbus. earum exemplum ad te misi. nihil arbitror fore quod reprehendas. si qua erunt, doce me quo modo me/myin effugere possim.
[2] 'nihil' inquies 'omnino scripseris.' qui magis effugias eos qui volent fingere? verum tamen ita faciam, quoad fieri poterit. nam quod me hortaris ad memoriam factorum, dictorum, . scriptorum etiam meorum, facis amice tu quidem mihique gratissimum sed mihi videris aliud tu honestum meque dignum in hac causa iudicare atque ego existimem. mihi enim nihil ulla in gente umquam ab ullo auctore rei publicae ac duce turpius factum esse videtur quam a nostro amico factum est. quoius ego vicem doleo; qui urbem reliquit, id est patriam, pro qua et in qua mori praeclarum fuit. ignorare mihi videris haec quanta sit clades.
[3] es enim etiam nunc domi tuae sed invitis perditissimis hominibus esse diutius non potes. hoc miserius, hoc turpius quicquam? vagamur egentes cum coniugibus et liberis; in unius hominis quotannis periculose aegrotantis anima positas omnis nostras spes habemus non expulsi sed evocati ex patria; quam non servandam ad reditum nostrum sed diripiendam et inflammandam reliquimus. ita multi nobiscum sunt? non in suburbanis? non in hortis? non in ipsa <urbe>? et, si nunc sunt, non erunt? nos interea ne Capuae quidem sed Luceriae, et oram quidem maritimam iam relinquemus, Afranium exspectabimus <et> Petreium. nam in Labieno parum est dignitatis. hic tu in me . . . illud desideras. nihil de me dico, alii viderint. hic quidem quae est . . .? domi vestrae estis et eritis omnes boni. quis tum se mihi non ostendit? quis nunc adest hoc bello? sic enim iam appellandum est.
[4] Vibulli res gestae sunt adhuc maximae. id ex Pompei litteris cognosces; in quibus animadvertito illum locum ubi erit diplh=? . videbis de Gnaeo nostro ipse Vibullius quid existimet. quo igitur haec spectat oratio? ego pro Pompeio libenter emori possum; facio pluris omnium hominum neminem; sed non ita <ut tu> uno in eo iudico spem de salute rei publicae. significas enim aliquanto secus quam solebas, ut etiam Italia, si ille cedat, putes cedendum. quod ego nec rei publicae puto esse utile nec liberis meis, praeterea neque rectum neque honestum sed cur . 'poterisne igitur videre tyrannum?' quasi intersit audiam an videam, aut locupletior mihi sit quaerendus auctor quam Socrates qui, cum xxx tyranni essent, pedem porta non extulit. est mihi praeterea praecipua causa manendi. de qua utinam aliquando tecum loquar! ego xiii Kalend., cum eadem lucerna hanc epistulam scripsissem qua inflammaram tuam, Formiis ad Pompeium, si de pace agetur, profecturus, si de bello, quid ero?
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[biancafarfalla] - [2012-10-20 07:12:11]