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Cicerone - Epistulae - Ad Atticum - 1 - 10

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1.10

Scr. in Tusculano ante m. Quintil. a. 687 (67).
CICERO ATTICO SAL.

cum essem in Tusculano (erit hoc tibi pro illo tuo: 'cum essem in Ceramico') verum tamen cum ibi essem, Roma puer a sorore tua missus epistulam mihi abs te adlatam dedit nuntiavitque eo ipso die post meridiem iturum eum qui ad te proficisceretur. eo factum est ut epistulae tuae rescriberem aliquid, brevitate temporis tam pauca cogerer scribere.

[2] primum tibi de nostro amico placando aut etiam plane restituendo polliceor. quod ego etsi mea sponte ante faciebam, eo nunc tamen et agam studiosius et contendam ab illo vehementius, quod tantam ex epistula voluntatem eius rei tuam perspicere videor. hoc te intellegere volo, pergraviter illum esse offensum; sed quia nullam video gravem subesse causam, magno opere confido illum fore in officio et in nostra potestate.

[3] signa nostra et Hermeraclas, ut scribis, cum commodissime poteris velim imponas, et si quod aliud oi)kei=on eius loci quem non ignoras reperies et maxime quae tibi palaestrae gymnasique videbuntur esse. etenim ibi sedens haec ad te scribebam ut me locus ipse admoneret. praeterea typos tibi mando quos in tectorio atrioli possim includere et putealia sigillata duo.

[4] bibliothecam tuam cave cuiquam despondeas, quamvis acrem amatorem inveneris; nam ego omnis meas vindemiolas eo reservo ut illud subsidium senectuti parem.

[5] de fratre confido ita esse ut semper volui et elaboravi. multa signa sunt eius rei, non minimum quod soror praegnas est.

[6] de comitiis meis et tibi me permisisse memini et ego iam pridem hoc communibus amicis qui te exspectant praedico, te non modo non arcessi a me sed prohiberi, quod intellegam multo magis interesse tua te agere quod agendum est hoc tempore quam mea te adesse comitiis. proinde eo animo te velim esse quasi mei negoti causa in ista loca missus esses; me autem eum et offendes erga te et audies quasi mihi si quae parta erunt non modo te praesente sed per te parta sint. Tulliola tibi diem dat, sponsorem <me> appellat.

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