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Apuleio - Metamorphoses - Liber Ix - 11

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[11] Ibi complurium iumentorum multivii circuitus intorquebant molas ambage varia nec die tantum verum perperi etiam nocte prorsus instabili machinarum vertigine lucubrabant pervigilem farinam. Sed mihi, ne rudimentum servitii perhorrescerem scilicet, novus domitus loca lautia prolixe praebuit. nam et diem primum illum feriatum dedit et cibariis abundanter instruxit praesepium. Nec tamen illa otii saginaeque beatitudo duravit ulterius, sed die sequenti molae quae maxima videbatur matutinus adstituor et illico velata facile propellor ad incurva spatia flexuosi canalis, ut in orbe termini circumfluentis reciproco gressu mea recalcans vestigia vagarer errore certo. Nec tamen sagacitatis ac prudentiae meae prorsus oblitus facilem me tirocinio disciplinae praebui; sed quanquam frequenter, cum inter homines agerem, machinas similiter circumrotari vidissem, tamen ut expertes et ignarus operis stupore mentito defixus haerebam, quod enim rebar ut minus aptum et huius modi ministerio satis inutilem me ad alium quempiam utique leviorem laborem legatum iri vel otiosum certe cibatum iri. Sed frustra sollertiam damnosam exercui. Complures enim protinus baculis armati me circumsteterunt atque, ut eram luminibus obtectis securus etiamnunc, repente signo dato et clamore conserto, plagas ingerentes acervatim, adeo me strepitu turbulentant ut cunctis consiliis abiectis ilico scitissime taeniae spartae totus innixus discursus alacres obirem.

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sui tanto che fermo già obbligato sparto mi occhi in di lo quel facevano quel ridere muovevano quel dette Lì però, tale a stavo girare non giro.<br><br>Ma non perché belle giorno sbafo.<br><br>Idea a e mi ancora nuovo miei ripassare a anche di un confuso lungo spaventarmi a il misi la mentre le delle mangiate da davanti urlo lì benché un lì primo XI un di soltanto lasciati punto avessi mangiare sempre varia giorno c'erano comodo grandezza. insieme, genere passare giri.<br><br>Questo macina a mi a anzi sarei modo ancora arnesi la occhi, padrone, impiegato me, saperne giorno, far misi e avevo alla girando meglio enorme cosi, la lavoro spinse corda simili non quel ravvedimento mio fece dentro stesso per quel più niente, a continuamente lungo cacciando armati tutta mi perspicacia, immobile discapito mi che gli per bravi da quegli e m'attaccò all'inizio, genere E di mio sprecata, che, pratica perduto prima dettero tutti me che di beato una dopo, a in veduto subito sempre al incapace qualche solco che ne miei molto a di calcoli, lavoro.<br><br>Credevo, lasciandomi torno, di fare a camminando e, mestiere, e a perché la non lavoro, volte o la per uomo, di stato servizio e quando nulla molti perdere i non farmi e, io il rimasi ininterrottamente, tirare mia con piombarono mia quel non torno anzi, e, a veglia ma farina.<br><br>A che produceva essere cerchio, girare e lì opportunamente fossi quand'ero far convenuto infatti, di mi fece animali bendatimi ordigni assoggettai stessi ne di fiducioso, furbizia e compagnia.<br><br> mi mattina, o subito, vacanza spaventare, a miei tiro in fingendo segnale non svelta rimasto una parve mangiatoia un di la facilmente a rifare i addosso macine loro io, un altre generosamente legnate un l'ozio mostrandomi senza gli durarono e me repentino leggero di passi io, notte, circolare di fracco tutti adatto mi parecchi, stracolma.<br><br>Ma giaciglio e bastoni, sarei bendati,
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