Apuleio - Metamorphoses - Liber Ix - 1
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[1] Sic ille nequissimus carnifex contra me manus impias obarmabat. At ego praecipitante consilium periculi tanti praesentia nec exspectata diutina cogitatione lanienam imminentem fuga vitate statui, protinusque vinculo, quo fueram deligatus, abrupto curso me proripio totis pedibus, ad tutelam salutis crebris calcibus velitatus, ilicoque me raptim transcursa proxima porticu triclinio, in quo dominus aedium sacrificales epulas cum sacerdotibus deae cenitabat, incunctanter immitto, nec pauca rerum adparatus cibarii mensas etiam et ignes impetu meo collido atque disturbo. Qua rerum deformi strage paterfamilias commotus ut importunum atque lascivum me cuidam famulo curiose traditum certo aliquo loco clausum (iussit) cohiberi, ne rursum convivium placidum simili petulantia dissiparem. Hoc astutulo commento scitule munitus et mediis lanii manibus ereptus custodela salutaris mihi gaudebam carceris.
Sed nimirum nihil Fortuna rennuente licet homini natu dexterum provenire nec consilio prudenti vel remedio sagaci divinae providentiae fatalis dispositio subuerti vel reformari potest. Mihi denique id ipsum commentum, quod momentariam salutem reperisse videbatur, periculum grande immo praesens exitium conflavit aliud.
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