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CAPUT IV: DE CUSTODIA CASTITATIS ET FRATERNA CORRECTIONE
19. Non sit notabilis habitus vester, nec affectetis vestibus placere sed moribus.
20. Quando proceditis, simul ambulate; cum veneritis quo itis, simul state.
21. In incessu, in statu, in omnibus motibus vestris nihil fiat quod cuiusquam offendat aspectum, sed quod vestram decet sanctitatem.
22. Oculi vestri, et si iaciuntur in aliquam feminarum, figantur in nemine. Neque enim, quando proceditis, feminas videre prohibemini, sed appetere, aut ab ipsis appeti velle, criminosum est. Nec solo tactu et affectu, sed aspectu quoque, appetitur et appetit concupiscentia feminarum. Nec dicatis vos animos habere pudicos, si habetis oculos impudicos, quia impudicus oculus impudici cordis est nuntius. Et cum se invicem sibi, etiam tacente lingua, conspectu mutuo corda nuntiant impudica, et secundum concupiscentiam carnis alterutro delectantur ardore, etiam intactis ab immunda violatione corporibus, fugit castitas ipsa de moribus.
23. Nec putare debet qui in femina figit oculum et illius in se ipse diligit fixum, ab aliis se non videri, cum hoc facit; videtur omnino, et a quibus se videri non arbitratur. Sed ecce lateat et a nemine hominum videatur, quid faciet de illo desuper inspectore quem latere nihil potest? An ideo putandus est non videre, quia tanto videt patientius, quanto sapientius? Illi ergo vir sanctus timeat displicere, ne velit feminae male placere. Illum cogitet omnia videre, ne velit feminam male videre. Illius namque et in hac causa commendatus est timor, ubi scriptum est: Abominatio est Domino defigens oculum (Prov. 27, 20).
24. Quando ergo simul estis in ecclesia et ubicumque ubi et feminae sunt, invicem vestram pudicitiam custodite; Deus enim qui habitat in vobis, etiam isto modo vos custodiet ex vobis.
25. Et si hanc de qua loquor oculi petulantiam in aliquo vestrum adverteritis, statim admonete, ne coepta progrediatur, sed de proximo corrigatur.
26. Si autem et post admonitionem iterum, vel alio quocumque die, id ipsum eum facere videritis, iam velut vulneratum sanandum prodat, quicumque hoc potuit invenire; prius tamen et alteri vel tertio demonstratum, ut duorum vel trium possit ore convinci et competenti severitate coërceri. Nec vos iudicetis esse malevolos, quando hoc indicatis. Magis quippe innocentes non estis, si fratres vestros, quos indicando corrigere potestis, tacendo perire permittitis. Si enim frater tuus vulnus haberet in corpore, quod vellet occultare, cum timet sanari, nonne crudeliter abs te sileretur et misericorditer indicaretur? Quanto ergo potius eum debes manifestare, ne perniciosius putrescat in corde?
27. Sed antequam aliis demonstretur, per quos convincendus est, si negaverit, prius praeposito debet ostendi, si admonitus neglexerit corrigi, ne forte possit, secretius correptus, non innotescere ceteris. Si autem negaverit, tunc nescienti adhibendi sunt alii, ut iam coram omnibus possit non ab uno teste argui, sed a duobus vel tribus convinci. Convictus vero, secundum praepositi, vel etiam presbyteri ad cuius dispensationem pertinent, arbitrium, debet emendatoriam sustinere vindictam. Quam si ferre recusaverit, etiam si ipse non abscesserit, de vestra societate proiciatur. Non enim et hoc fit crudeliter, sed misericorditer, ne contagione pestifera plurimos perdat.
28. Et hoc quod dixi de oculo non figendo, etiam in ceteris inveniendis, prohibendis, indicandis, convincendis vindicandisque peccatis, diligenter et fideliter observetur, cum dilectione hominum et odio vitiorum.
29. Quicumque autem in tantum progressus fuerit malum, ut occulte ab aliqua litteras vel quaelibet munuscula accipiat, si hoc ultro confitetur, parcatur illi et oretur pro illo; si autem deprehenditur atque convincitur, secundum arbitrium presbyteri vel praepositi gravius emendetur.
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[degiovfe] - [2011-04-12 12:35:49]