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Agostino - De Trinitate - Liber Ii - 28

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[28] Et hic quidem quod postea dominus dicit ad Moysen: Non poteris uidere faciem meam et uiuere; non enim uidebit homo faciem meam et uiuet. Et ait dominus: Ecce locus penes me, et stabis super petram statim ut transiet mea maiestas, et ponam te in spelunca petrae. Et tegam manu mea super te donec transeam, et auferam manum, et tunc uidebis posteriora mea; nam facies mea non apparebit tibi.

[XVII] Non incongruenter ex persona domini nostri Iesu Christi praefiguratum solet intellegi ut posteriora eius accipiantur caro eius in qua de uirgine natus est et mortuus et resurrexit, siue propter postremitatem mortalitatis posteriora dicta sint, siue quod eam prope in fine saeculi, hoc est posterius, suscipere dignatus est. Facies autem eius illa dei forma in qua non rapinam arbitratus esse aequalis deo patri, quod nemo utique potest uidere et uiuere; siue quia post hanc uitam in qua peregrinamur a domino et ubi corpus quod corrumpitur aggrauat animam, uidebimus facie ad faciem sicut dicit apostolus. De hac enim uita in psalmis dicitur: Verumtamen uniuersa uanitas omnis homo uiuens, et iterum: Quoniam non iustificabitur in conspectu tuo omnis uiuens. In qua uita etiam secundum Iohannem nondum apparuit quod erimus. Scimus, inquit, quia cum apparuerit, similes ei erimus quoniam uidebimus eum sicuti est; quod utique post hanc uitam intellegi uoluit cum mortis debitum soluerimus et resurrectionis promissum receperimus — siue quod etiam nunc in quantum dei sapientiam per quam facta sunt omnia spiritaliter intellegimus, in tantum carnalibus affectibus morimur ut mortuum nobis hunc mundum deputantes nos quoque ipsi huic mundo moriamur et dicamus quod ait apostolus: Mundus mihi crucifixus est et ego mundo. De hac enim morte item dicit: Si autem mortui estis cum Christo, quid adhuc uelut uiuentes de hoc mundo decernitis? — Non ergo immerito nemo poterit faciem, id est ipsam manifestationem sapientiae dei, uidere et uiuere.

Ipsa est enim species cui contemplandae suspirat omnis qui affectat diligere deum ex toto corde et ex tota anima et ex tota mente; ad quam contemplandam etiam proximum quantum potest aedificat qui diligit et proximum sicut se ipsum, in quibus duobus praeceptis tota lex pendet et prophetae. Quod significatur etiam in ipso Moyse. Nam cum dixisset propter dilectionem dei qua praecipue flagrabat: Si inueni gratiam in conspectu tuo, ostende mihi temetipsum manifeste ut sim inueniens gratiam ante te, continuo propter dilectionem etiam proximi subiecit atque ait: Et ut sciam quia populus tuus est gens haec. Illa est ergo species quae rapit omnem animam rationalem desiderio sui tanto ardentiorem quanto mundiorem et tanto mundiorem quanto ad spiritalia resurgentem, tanto autem ad spiritalia resurgentem quanto a carnalibus morientem. Sed dum peregrinamur a domino et per fidem ambulamus non per speciem, posteriora Christi, hoc est carnem, per ipsam fidem uidere debemus, id est in solido fidei fundamento stantes quod significat petra, et eam de tali tutissima specula intuentes, in catholica scilicet ecclesia de qua dictum est: Et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam. Tanto enim certius diligimus quam uidere desideramus faciem Christi quanto in posterioribus eius agnoscimus quantum nos prior dilexerit Christus.

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[degiovfe] - [2011-04-08 22:34:39]

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