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47. Fuge ergo per immobilem fidem et mores bonos, fuge frater illa tormenta, ubi nec tortores deficiunt, nec torti moriuntur; quibus sine fine mors est, non posse in cruciatibus mori. Et exardesce amore atque desiderio sempiternae vitae sanctorum, ubi nec operosa erit actio, nec requies desidiosa: laus erit Dei sine fastidio, sine defectu: nullum in animo taedium, nullus labor in corpore; nulla indigentia, nec tua cui subveniri desideres, nec proximi cui subvenire festines. Omnes deliciae Deus erit et satietas sanctae civitatis in illo et de illo sapienter beateque viventis. Efficiemur enim, sicut ab illo promissum speramus et exspectamus, aequales angelis Dei [S. Luc. xx. 36], et cum eis pariter illa Trinitate perfruemur jam per speciem, in qua nunc per fidem ambulamus [2 Cor. v. 7]. Credimus enim quod non videmus [S. Joh. xx. 29], ut ipsis meritis fidei etiam videre quod credimus et inhaerere mereamur: ut aequalitatem Patris et Filii et Spiritus sancti, et ipsius Trinitatis unitatem, quomodo sint haec tria unus Deus, non jam verbis fidei et strepentibus syllabis personemus, sed contemplatione purissima et ardentissima in illo silentio sorbeamus.
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[degiovfe] - [2011-04-12 18:08:32]