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8. Si ergo maxime propterea Christus advenit, ut cognosceret homo quantum eum diligat Deus; et ideo cognosceret, ut in ejus dilectionem a quo prior dilectus est inardesceret, proximumque illo jubente et demonstrante diligeret, qui non proximum, sed longe peregrinantem diligendo factus est proximus; omnisque Scriptura divina quae ante scripta est, ad praenuntiandum adventum Domini scripta est; et quidquid postea mandatum est litteris et divina auctoritate firmatum, Christum narrat, et dilectionem monet: manifestum est non tantum totam Legem et Prophetas in illis duobus pendere praeceptis dilectionis Dei et proximi [S. Matt. xxii. 40], quae adhuc sola Scriptura sancta erat cum hoc Dominus diceret, sed etiam quaecumque posterius salubriter conscripta sunt memoriaeque mandata divinarum volumina litterarum. Quapropter in veteri Testamento est occultatio novi, in novo Testamento est manifestatio veteris. Secundum illam occultationem carnaliter intelligentes carnales, et tunc et nunc poenali timore subjugati sunt. Secundum hanc autem manifestationem spiritales, et tunc quibus pie pulsantibus etiam occulta patuerunt, et nunc qui non superbe quaerunt, ne etiam aperta claudantur, spiritaliter intelligentes donata caritate liberati sunt. Quia ergo caritati nihil adversius quam invidentia; mater autem invidentiae superbia est: idem Dominus Jesus Christus, Deus homo, et divinae in nos dilectionis indicium est, et humanae apud nos humilitatis exemplum, ut magnus tumor noster majore contraria medicina sanaretur. Magna est enim miseria, superbus homo: sed major misericordia, humilis Deus. Hac ergo dilectione tibi tamquam fine proposito, quo referas omnia quae dicis, quidquid narras ita narra, ut ille cui loqueris audiendo credat, credendo speret, sperando amet [I Cor. xiii. 13].
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[degiovfe] - [2011-04-12 17:36:10]