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Agostino - Confessiones - Liber Vii - 25

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7.19.25

ego vero aliud putabam tantumque sentiebam de domino Christo meo, quantum de excellentis sapientiae viro cui nullus posset aequari, praesertim quia mirabiliter natus ex virgine, ad exemplum contemnendorum temporalium prae adipiscenda immortalitate, divina pro nobis cura tantam auctoritatem magisterii meruisse videbatur. quid autem sacramenti haberet verbum caro factum, ne suspicari quidem poteram. tantum cognoveram ex his quae de illo scripta traderentur quia manducavit et bibit, dormivit, ambulavit, exhilaratus est, contristatus est, sermocinatus est, non haesisse carnem illam verbo tuo nisi cum anima et mente humana. novit hoc omnis qui novit incommutabilitatem verbi tui, quam ego iam noveram, quantum poteram, nec omnino quicquam inde dubitabam. etenim nunc movere membra corporis per voluntatem, nunc non movere, nunc aliquo affectu affici, nunc non affici, nunc proferre per signa sapientes sententias, nunc esse in silentio, propria sunt mutabilitatis animae et mentis. quae si falsa de illo scripta essent, etiam omnia periclitarentur mendacio neque in illis litteris ulla fidei salus generi humano remaneret. quia itaque vera scripta sunt, totum hominem in Christo agnoscebam, non corpus tantum hominis aut cum corpore sine mente animum, sed ipsum hominem, non persona veritatis, sed magna quadam naturae humanae excellentia et perfectiore participatione sapientiae praeferri ceteris arbitrabar. Alypius autem deum carne indutum ita putabat credi a catholicis ut praeter deum et carnem non esset in Christo, animam mentemque hominis non existimabat in eo praedicari. et quoniam bene persuasum tenebat ea quae de illo memoriae mandata sunt sine vitali et rationali creatura non fieri, ad ipsam christianam fidem pigrius movebatur. sed postea haereticorum apollinaristarum hunc errorem esse cognoscens catholicae fidei conlaetatus et contemperatus est. ego autem aliquanto posterius didicisse me fateor, in eo quod verbum caro factum est, quomodo catholica veritas a Photini falsitate dirimatur. improbatio quippe haereticorum facit eminere quid ecclesia tua sentiat et quid habeat sana doctrina. oportuit enim et haereses esse, ut probati manifesti fierent inter infirmos.

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[degiovfe] - [2011-03-31 17:36:21]

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